Mi hanno chiesto a bruciapelo: "Ci dica una cosa che ha trovato a Bombay, e non s’aspettava." Siccome ero a Bombay e avevo trovato molte cose che non m’aspettavo, ho scelto di essere un ospite educato: "Una cosa soltanto? Non m’aspettavo di vedere tante belle ragazze. Ma forse non è così sorprendente. Succede sempre, nelle città che iniziano con la B."
Sorpresa negli interlocutori, e richiesta di spiegazioni. "Provate a pensare – ho continuato – alle città che, in Sudamerica, hanno fama d’essere patria di belle donne: Buenos Aires, dove le ragazze hanno un magnifico passo di pianura. Bogotà, come dimostra il numero di vittime d’amore delle colombiane. E, se vogliamo, tutto il Brasile. In America del nord c’è Boston. In Europa, poi, è addirittura clamoroso: Barcellona, Berlino, Belfast (oh yes!), Bruxelles, Budapest, Belgrado (chiedere a chi c’è stato). Molti imprenditori italiani con delocalizzazioni in atto aggiungerebbero Bucarest. In Italia Bologna ha una fama consolidata, ma io ricordo anche Brescia, Bergamo e Bari. In Medio Oriente c’è Beirut. In Asia Bangkok. E in Australia, come dimenticare le ragazze oceaniche di Brisbane?"
Esaurito il giro estetico del pianeta, ho guardato in faccia il mio pubblico. Invece di darmi del matto, ha provato a discutere. Non gliene ho dato il tempo. Ho spiegato che nelle città con la M si gioca bene a calcio – non è un’opinione, è un fatto. Oltre a Milano – unica città, oggi, con due squadre in Champions League – c’è Madrid dei galacticos, Marsiglia dell’Olimpique, Manchester dei record, Mosca dominatrice del calcio russo, Monaco del Bayern e l’altra Monaco sul mare, finalista l’anno scorso.
Mentre i presenti si riprendevano dal colpo – in India sanno più di cricket che di calcio, ma sanno abbastanza da capire che avevo ragione – ho deciso di continuare l’elucubrazione. E le città con la L? Sono grandi porti, interessanti e complicati: Londra, Liverpool, Lisbona, Livorno e, volendo, anche Los Angeles. Le città con la C sono invece leggendarie e
cosmopolite: Casablanca, Canton, il Cairo, Città del Capo, Calcutta. Anche Chicago e Copenhagen, a pensarci bene, rientrano nella categoria. Crema no, ma mi piace lo stesso.
Più tardi, in privato, mi è stato chiesto cosa pensavo delle città con la S. Semplice, ho risposto: sono magnifiche. Sydney, San Francisco, Stoccolma, Seattle e Salvador do Bahia – chiedete a qualsiasi viaggiatore – competono per il titolo di città più bella del mondo, dal punto di vista della collocazione geografica e non solo. Se pensiamo all’arte, invece, ci sono Siena, Siracusa e Siviglia. Shanghai, Seul e Singapore sono fascinosi laboratori del futuro. Saigon e San Pietroburgo – chi le ha visitate lo sa
– potrebbero far pagare un’imposta sul fascino, invece della tassa di soggiorno.
Se vi piace la geografia fantastica, possiamo continuare. Le città con la T sono complicate: interessanti ma, in qualche modo, ritentive. Basta pensare a Torino e a Tokio, a Teheran e a Tirana (accetto discussioni su Trieste e Tripoli, e aspetto notizie su Tolosa e Tolone). Le città con la V, invece, sono inguaribilmente romantiche. Ditemi se un’altra lettera dell’alfabeto riesce a mettere insieme un gruppo come Venezia e Verona, Vienna e Varsavia, Valencia e Vancouver. Solo le città con la P possono
competere: qualcuno dice che siano addirittura più sensuali. Pensate a Parigi, Praga, Porto e a tutte le "P Cities" italiane, le "città medie" che gli stranieri dovrebbero visitare per capire qualcosa del nostro benedetto e complicato paese: Parma, Piacenza, Pavia, Pisa, Pistoia, Pesaro, Perugia e – fuori quota – Palermo.
Bene. Il gioco – iniziato in India, e proseguito davanti a un planisfero appeso in direzione al "Corriere" – può fermarsi qui. Ci sarà qualcuno che mi darà ragione, e si convertirà alla càbala geografica; altri penseranno che sono impazzito, e stileranno liste che contraddicono le mie (mi sembra di sentirli: "Seveso e Secondigliano cominciano per S, ma non sono tra le città più belle del mondo!"). Ma tutti quelli che hanno letto fin qui – vedrete – non potranno fare a meno di ragionarci su.
E questa, se ci pensate, è l’unica cosa che importa. Giocando s’impara: la geografia, e non solo.